“Confartigianato Imprese Latina”
Notizie – 18 ottobre 2013
LA
REGOLARITA’ CONTRIBUTIVA NEGLI APPALTI
DOPO
IL DECRETO DEL FARE
Il Decreto
del Fare (convertito nella Legge 98/2013) è intervenuto, tra l’altro, in materia
di DURC, l’attestazione che l’impresa che concorre per ottenere un appalto di importo
pari o superiore ad € 20.000,00 deve possedere al fine di attestare la
regolarità con gli adempimenti contributivi, previdenziali ed assicurativi
riguardanti i propri dipendenti.
La mancanza o l’irregolarità del DURC
determina non solo l’esclusione della possibilità di partecipare agli appalti e
firmare i relativi contratti ma, se rilevata nel corso dei lavori, consente
alla P.A. di trattenere i pagamenti all’impresa per l’importo corrispondente
all’inadempienza contributiva o assicurativa e di pagare con tali somme gli
Enti in luogo dell’appaltatore inadempiente.
La nuova
disciplina prolunga da 90 a 120 giorni il termine di validità del DURC rilasciati
dopo il 21 agosto.
La validità quadrimestrale del DURC è
necessaria per:
- la
partecipazione a gare d’appalto pubblico;
- l’aggiudicazione
del contratto ai sensi dell’art. 11, c. 8, D. Lgs. 163/2006;
- la
stipula del contratto;
- il
pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o delle prestazioni relative ai
servizi e forniture;
- il
certificato di collaudo, il certificato di regolare esecuzione, il certificato
di verifica, di conformità, l’attestazione di regolare esecuzione e del
pagamento del saldo finale.
La durata
quadrimestrale del DURC subisce una deroga per il pagamento del saldo finale
del contratto; in tal caso infatti l’impresa, pur se in possesso di DURC emesso
nei quattro mesi precedenti, dovrà ottenere una nuova documentazione di regolarità
contributiva.
Altra
novità introdotta in materia di DURC dal Decreto del Fare è che è sufficiente un solo documento per dar
corso a tutti gli adempimenti connessi ai contratti di appalto in corso tra un’impresa
e la P.A.; non serve, dunque, un DURC per ciascun contratto o gara di
appalto.
Da ultimo, è stato previsto che la
P.A. acquisisca direttamente d’ufficio presso gli Enti interessati il DURC dell’appaltatore
e dei subappaltatori eventualmente coinvolti nei lavori.
In materia di DURC negativo, invece,
la norma in vigore prevede che ora gli Enti preposti debbano avvertire
l’interessato attraverso PEC, indicando analiticamente le cause
dell’irregolarità ed invitandolo a regolarizzare la propria posizione entro un termine
non superiore a 15 giorni.
IL
COSTO DEL LAVORO NEGLI APPALTI PUBBLICI
DOPO
IL DECRETO DEL FARE
Come noto,
il Decreto del Fare (convertito nella Legge 98/2013) è intervenuto in materia
di determinazione del prezzo più basso negli appalti pubblici prevedendo che “il
prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del
personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla
contrattazione collettiva […], delle voci retributive previste dalla
contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento
alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Nella
determinazione dell’offerta migliore, pertanto, devono escludersi i costi relativi
alle retribuzioni del personale ed agli adempimenti previsti in materia di
salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La nuova
previsione trova applicazione sia per le procedure al di sopra che per quelle
al di sotto della soglia comunitaria, laddove il criterio di aggiudicazione sia
quello del prezzo più basso. Nelle gare realizzate con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, invece, tale norma non troverà applicazione
posto che, per l’aggiudicazione, le aziende non solo dovranno offrire un prezzo
inferiore ma anche variazioni e migliorie rispetto al progetto messo in gara.
La norma non trova applicazione nemmeno nel caso in cui la P.A. si procuri
direttamente i materiali e poi ricorra a lavoratori esterni per la
realizzazione dell’opera.
Quanto
sopra genera dubbi di applicabilità atteso che il costo del personale non è un
dato che possa valere per tutte le imprese, tenuto conto della circostanza che
si deve far riferimento anche alla contrattazione integrativa di secondo
livello. Inoltre, con tale previsione, sembrerebbe concedersi un’eccessiva “intromissione”
del committente nella determinazione dei costi che l’azienda sostiene per il
personale.
La
disciplina sopra delineata è stata oggetto di due diverse interpretazioni che, comunque,
non appaiono idonee a chiarire l’esatta portata della norma.
Secondo una
prima ricostruzione, la stazione appaltante dovrebbe indicare l’importo del
costo del lavoro nel bando di gara.
L’importo
complessivo posto a base di gara, pertanto, dovrebbe essere suddiviso in tre
parti:
1) costo
del lavoro;
2) costo
della sicurezza;
3) costo
dei materiali, dei noli, delle attrezzature e delle spese generali.
Di tali
costi, sui primi due non sarebbero consentiti ribassi in quanto “non comprimibili”.
Tale
interpretazione ha il limite di scontrarsi con i principi di concorrenza tutelati
dalla Costituzione, dalla normativa comunitaria e dal Codice dei contratti pubblici,
in quanto le imprese non sarebbero più autonome nel decidere l’organizzazione
delle lavorazioni e delle maestranze, dovendosi uniformare a quanto stabilito
nel bando di gara. Inoltre, non è sempre agevole stabilire in anticipo il costo
del personale al fine di operare lo scorporo.
Non è
mancato chi ha proposto di considerare come “non ribassabile” in sede di gara
non il costo totale del lavoro per l’esecuzione della prestazione ma il costo
minimo orario, lasciando alle imprese la libertà di individuare il numero delle
ore di lavoro necessarie per l’esecuzione dell’opera. Ma anche tale via non
sembra percorribile.
La seconda
ricostruzione, invece, è stata fornita dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti
Pubblici in riferimento alla disciplina del precedente decreto del 2011, ora abrogato.
Secondo tale impostazione, dovrebbero effettuarsi due verifiche:
1) verifica
della produttività presentata dal concorrente;
2) verifica
del livello e del numero del personale necessario a garantire la produttività
indicata e verifica dei corrispondenti minimi salariali previsti nella giustificazione.
In tal
modo, la congruità delle offerte dovrebbe accertarsi sulla base della verifica
della compatibilità delle scelte organizzative e produttive effettuate dal concorrente
con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera.
Tale
interpretazione, seppure meno “invasiva” rispetto alla precedente, ha il limite
di attribuire un valore molto limitato alla norma del Decreto del Fare atteso
che, differentemente dal passato, con l’entrata in vigore della stessa il costo
del lavoro andrebbe calcolato anche nel caso in cui non vi siano offerte
anomale ovvero nei casi di esclusione automatica delle offerte.
Alla luce
di tutti i dubbi sollevati dalla disciplina attualmente in vigore in materia di
costo del lavoro negli appalti pubblici, si attende una Circolare di interpretazione
da parte del Ministero che stabilisca i criteri per la corretta applicazione della
norma.
Latina 18 ottobre 2013
(da comunicazione di Confartigianato Imprese Lazio)
Nessun commento:
Posta un commento